'L'isola delle donne
Flavia Durand
Figlia del pittore Giovan Battista Durand, Flavia nasce in Borgogna nel 1635.
Intorno al 1650, ancora adolescente, lascia la Francia per seguire il padre, allievo del Domenichino, che si trasferisce in Italia, prima a Roma e poi a Messina.
Dal padre, nella bottega messinese, apprende l'arte pittorica.
"Ritrattista inarrivabile, - così la descrive Giuseppe Grosso Cacopardo, in "Memorie de pittori messinesi e degli esteri che in Messina fiorirono dal sec. XII -, donna di spirito non comune, introdotta nelle primarie adunanze, era oggetto della universale ammirazione, e ognuno arrecavasi a pregio farsi ritrarre da lei". (Gaetano Grano e Philipp Hackert).
A Messina, intorno al 1660, Flavia conosce Filippo Giannetto, giovane pittore che frequenta la scuola del fiammingo Abramo Casembort, dal pittore e memorialista Francesco Susinno (1724) descritto come "vero filosofo, uomo distratto […] casuale nel vestire, nell'andare e poco polito. Poetava graziosamente in rime siciliane ed all'improvviso".
Flavia e Filippo si sposano presto e tra loro nasce anche una proficua collaborazione artistica.
Secondo il Cacopardo la pittrice, imitò a tal punto il marito tanto che i due avevano il medesimo stile.
Ma la sua capacità di imitazione andava oltre, era una eccezionale imitatrice di qualunque carattere, riusciva a copiare con tale esattezza da ingannare anche i più esperti. Anche se le fonti più antiche la ricordano soprattutto per le sue doti di imitatrice, la Durand dipinse molte opere insieme al marito.
Nel 1678 seguì il marito a Palermo chiamato dal Vicerè di Sicilia Francisco de Benavides conte di Santisteban
dove svolse con grande successo la sua attività di pittore di paesaggi.
Attraverso l'appoggio del vicerè Flavia e il marito riuscirono ad integrarsi nel capoluogo e a frequentare il prestigioso ambiente aristocratico che gravitava intorno al vicerè e alla sua corte. Grazie alla familiarità con questo ambiente aristocratico il Giannetto In questa familiarità cCertamente l'autorevole appoggio del viceré favorì l'integrazione del pittore nell'ambiente aristocratico che ruotava intorno alla corte vicereale, come testimonia l'intercessione chiesta (e ottenuta) dal G. al pretore di Palermo, Baldassare Naselli principe di Aragona, "signore cortesissimo e curioso di pittura" (ibid.) per la liberazione dalla prigionia a Palermo del pittore messinese Domenico Marolì.
Seguì il marito prima a Palermo e poi a Napoli; morto improvvisamente questo, nel 1702, ritornò a Messina, ove continuò a dipingere.
Morì, ottantenne, a Messina nel 1715.